Torino sbanca: lunga vita al libro

EDITORIA • Il Salone supera le presenze del 2019, le vendite di libri segnano un +29% rispetto al 2020

Sono recintati, chiusi a quadrato come la fanteria di Wellington a Waterloo, mentre noi poveri diavoli aleggiamo loro intorno come i corazzieri di Ney: non si sono improvvidamente affidati al servizio di prenotazione, e da un paio d’ore presidiano le prime linee per vedere, coi loro occhi, Alessandro Barbero. “Scusi, io ho provato mille volte a prenotare dal sito, ma…”, “Mi dispiace, ma il server è in tilt da stamattina”, la storia che si fa beffe della tecnologia, sconfitta dalla valanga di prenotazioni per la lezione sul “Maestro e margherita”; “Che poi, nemmeno l’ha scritto lui”, sbotta un fan, disperso nelle retrovie.

“È questa la fila per Houellebecq?”, “No, è per il bagno. Per Houellebecq, di là”, dice uno steward indicando una fila che si snoda a serpentina per centinaia di metri. “Ma ci staremo tutti?”, “Ma certo, che domande!”. L’Auditorium, infatti, deve ospitare tutti noi, centinai di esperti di letteratura, critici, agenti letterari, saggisti e romanzieri; ma in fondo, lo sappiamo: presto qualcuno noterà la nostra competenza, ci allontanerà garbatamente dalla fila e, con tono deferente, ci dirà: “Scusi, ci abbiamo ripensato: possiamo premiare lei, anziché Houellebecq?”.

Dentro gli immensi hangar, giganteschi ventri di balena in acciaio tubolare che ospitano questo immenso bazar, non è facile orientarsi (appunto per l’anno prossimo: studiarsi in anticipo la mappa).

Eppure, anche solo uno sguardo furtivo sollevato dalla piantina può fare la fortuna di noi voyeur: imbattersi nel gotha della letteratura, certo, siamo lì apposta; ma anche in Walter Veltroni, Piero Fassino, Carlo Verdone, Francesco Guccini, Romano Prodi, Cesare Cremonini e, insomma, guardate il programma per farvene un’idea. Nel frattempo, negli stand, c’è chi si arrabatta come può per piazzare il suo set di pentole cartacee: “Signora, un libro così non lo trova da nessun’altra parte!”; o chi, forte dei numeri, come Giuseppe Laterza, se ne sta in panciolle accanto alla cassa, contemplando le greggi dei lettori pascersi tra i cataloghi di storia e di filosofia. Poi, c’è il dinoccolato direttore artistico, Nicola Lagioia, che dal grillo ha appreso l’arte di saltare di qua e di là sui palchi, e che ancora si starà leccando i baffi, dopo aver saputo le cifre di quest’anno: raggiunti i 150mila visitatori; anzi, duemila in più del Salone del 2019. E, per l’aggiunta, tutti mascherati e “green passati”, ci mancherebbe.

A questo punto, bisognerà pur parlare di libri. Cristina Taglietti, sul “Corriere”, parla di “un mistero tutto italiano”, un giallo merceologico e librario, non dei più avvincenti, ma che, incauti, proviamo a sfogliare. Ecco il punto: com’è che i lettori italiani affollano i saloni, i festival e, soprattutto, spingono in su le vendite per poi piazzarsi in fondo alle classifiche dei lettori? Già, perché nei primi nove mesi de 2021 l’aumento del fatturato delle vendite librarie è aumentato del 29% sul 2020 e del 16% sul 2019. La traiettoria delle vendite è altrettanto sorprendente: +18% sul 2019 e +31% sul 2020; i dati sono dell’Aie, l’Associazione italiana editori, in collaborazione con NielsenIQ. Ed è quel segno + davanti alle cifre del 2020 che sorprende: lasciare aperte le librerie, allora, deve essere servito; a pensarlo, tra gli altri, è proprio il presidente di Aie, Ricardo Franco Levi. Ma a dare un aiutino, certamente, è stata anche l’App 18, così come la vituperata rete: come dice Stefano Mauri, amministratore delegato del gruppo Gems (che di case editrici, ne possiede venti), si parla più di libri lì di quanto non se ne parli al bar.

E insomma, lunga vita al Salone di Torino e ai libri, sia che ci tengano compagnia, sia che preservino le nostre mensole dalla polvere, dando lustro all’arredamento.

Federico Pani

Il Piccolo di Cremona, 23 ottobre 2021

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