“L’inventore di libri – Aldo Manuzio, Venezia e il suo tempo” di Alessandro Marzo Magno

Partiamo dalla fine: dove forse un tempo sorgeva la stamperia di Aldo Manuzio, a Venezia, oggi c’è una pizzeria. Ed è proprio a quest’ipotesi che Alessandro Marzo Magno dedica il finale del suo ultimo libro, “L’inventore di libri – Aldo Manuzio, Venezia e il suo tempo” (Editori Laterza). Ma se la pizza è universalmente riconosciuta come uno dei prodotti più tipici dell’Italia, il libro no. Ed è un errore. 

Aldo Manuzio comincia la sua carriera come umanista e precettore specializzato in greco antico. A un certo punto della sua vita, quasi senza un motivo, gli nasce un’idea che cambia la storia della cultura: coniugare lo studio della lingua classica con una grande impresa commerciale, la produzione di libri. Insomma: fonda la prima casa editrice della storia. Tutto questo non sarebbe stato possibile, probabilmente, fuori da Venezia, nella quale Manuzio, nato a Bassiano, nel Lazio, emigra per ragioni ancora sconosciute, dopo un lungo soggiorno come precettore a Carpi. Venezia, del resto, tra Quattro e Cinquecento, è davvero la “capitale del libro” in Europa: “Dal 1465 (…) al 1525, a Venezia si stampa la metà dei libri italiani; dal 1525 al 1550 si arriva a i tre quarti, dal 1550 al 1575 ai due terzi”. 

Ripercorrere le innovazioni dovute a Manuzio è impressionante. Oltre all’invenzione del formato tascabile, di un catalogo editoriale e delle prime collane (chiamate “ghirlande” da Giolito de’ Ferrari), Manuzio lancia il “tondo romano”, carattere tipografico realizzato dall’incisore e orafo Francesco Griffo da Bologna; con qualche aggiustamento, il carattere verrà poi adottato dal “New York Times”, diventando il “Times New Roman” scelto come carattere predefinito nientemeno che da Microsoft. Ma non basta: aiutato dal grande umanista Pietro Bembo, Maunzio compie un’altra rivoluzione: introduce in modo sistematico la punteggiatura, così utile da diventare “lo standard definitivo che perdura ancora ai nostri giorni”. 

Infine, tra le tante, c’è la storia di un grande best-seller: Manuzio, affiancato anche qui da Bembo, permette al “Canzoniere” di Petrarca di raggiungere, nel corso del Cinquecento, la strabiliante cifra di centomila copie (e qualche migliaio, allora, erano già un grandissimo successo). L’importanza di questo libro? Bembo scriverà la prima grammatica dell’italiano basandosi sulla lingua di Petrarca e le sue liriche saranno lette così tanto nei secoli a venire da fare dire al critico Massimo Onofri che è Petrarca il vero inventore dell’amore moderno. 

Federico Pani

Il Piccolo di Cremona, 2 ottobre 2021

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