“La mosca nella bottiglia; Lo stile dell’anatra” di Raffaele La Capria

“Poesia onesta”, diceva Umberto Saba. Nel caso di Raffaele La Capria si dovrebbe parlare di saggezza o, meglio, di saggistica onesta. Disarmante, a tratti. “La mosca nella bottiglia” e “Lo stile dell’anatra” sono due opuscoli che Mondadori ha meritoriamente ripubblicato qualche mese fa in un solo volume, che è un po’ saggio, un po’ zibaldone, tenuti insieme, concettualmente, dall’ “elogio del senso comune” (sottotitolo della prima parte).

La premessa del discorso ha un’eco cartesiana: il senso comune è una “sensibilità che, anche se distribuita in dosi diverse, è da tutti condivisa”. Per capire di che si tratta è utile una sortita nel mondo anglosassone: il senso comune di cui parla La Capria ricalca da vicino, infatti, il common sense inglese, impasto di pragmatismo e ragionevolezza, e ben distinto dal buon senso, modo di pensare che, invece, appiattisce al dettato conformista. Passando la parola al testo:

Il senso comune come io l’intendo è una sfida. Una sfida vivace e allegra, attiva ed emotiva al conformismo alto-intellettuale, al linguaggio vessatorio e inutilmente incomprensibile dei sottili, e all’intimidazione culturale, ideologica, morale, nascosta in tutte le concettosità adibite all’alterazione delle verità palesi e all’alterazione della nostra sensibilità.

Il senso comune viene quindi imboccato per lasciarsi alle spalle le insostenibili e incomprensibili mostre d’arte contemporanee; ma anche brandito per sfoltire “le superfetazioni concettuali” che trovano la forma più plastica e attualizzata nei paroloni e nei discorsoni culturali disseminati nelle pagine di giornale, nelle conferenze o nelle comparsate di presunti intellettuali in tv.

Fin qui, “La mosca nella bottiglia” (ai lettori del libro lascio il compito di decodificare la metafora).

Passiamo ora allo “Stile dell’anatra”. Non è soltanto il titolo della seconda parte, ma anche il noto marchio di fabbrica dell’autore. Consiste in una scrittura che è lo sviluppo della metafora ornitologica: semplicità apparente del nuoto a fronte di un grande sforzo delle zampette del natante; e quanto sarebbe interessante vedere questo stile in corso d’opera; per la verità, se ne volete un bell’esempio, prendete l’esercizio di Stephen King in calce a “On writing”, dove le parole superflue di un raccontino inventato da King vengono cancellate nella seconda riscrittura.

Le riflessioni sul metodo lasciano spazio anche a pagine sulla nostalgia dell’infanzia e della bellezza, nonché a una teoria del risentimento degna di un moralista; un risentimento che, con occhio lungo, La Capria fa culminare nel qualunquismo. All’interno di quella riflessione è incastonata, poi, una gemma di critica, dedicata ai grandi scrittori russi dell’Ottocento.

Ma torniamo, solo un attimo, alla nostalgia della bellezza. Fedele alla semplicità, La Capria si domanda: “è possibile separare in un’opera la bellezza dal significato che le fu attribuito dall’artista che lo creò? Io credo di sì”. E, facendo leva proprio sul senso comune, si chiede, con immacolato candore: “Ma se nonostante questo poi l’opera non appaga il mio sguardo, che devo concludere? Che sbaglia il mio sguardo o sbaglia l’artista incapace di comunicarmi l’emozione che secondo lui dovrei provare?”. L’artista dovrebbe essere naif, ingenuo, diceva Baudelaire. E, con lui, anche noi.

La cautela esitante e l’ingenuità ostinata, ravvivate da un ardimentoso linguaggio immaginifico, non tolgono l’impressione che La Capria, in questo libro, sia animato da una diffidenza istintiva più che ragionata verso una certa idea di cultura; una diffidenza che lo porta a rifiutare di vestire i panni del critico nel suo esercizio demistificante, cioè quello della sana stroncatura (pur essendo gustose, tra le altre, le pagine dedicate a Joyce, “scrittore per soli scrittori”). E difatti, c’è da ammetterlo, alcune digressioni moralistiche (in senso deleterio), proprio per l’assenza del mordente critico, più che innervate di senso comune, rasentano pericolosamente il buon senso. Non vi aspettate, dunque, il corpo a corpo con la menzogna intellettuale.

Con ciò, queste lezioni di semplicità restano insuperate nel dare a tutti un antidoto ai sortilegi provocati dalla cattiva fede culturale e dalla capacità che ha di intimidirci.

Cafè Golem, 12 settembre 2019

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...